In una dettagliata relazione del 17 maggio 1905 Raniero Bendetti rileva l’urgente necessità di provvedere alla costruzione di edifici per immagazzinare le grandi scorte di beni necessari alla vita del nuovo manicomio. Evidenzia poi il rapido aumento dei ricoverati, tanto che il Consiglio provinciale, già il 28 settembre 1904, aveva richiesto il progetto per un nuovo padiglione atto a contenere cento malati cronici e frenastenici di ambo i sessi. Nella stessa relazione, propone lo studio di numerosi spazi funzionali ai quali si darà progressiva attuazione: ampliamento dell’edificio di necroscopia; nuovo padiglione a due piani per i malati cronici e frenastenici; restauro radicale dell’ex casino Servadio, da adibire a villino per pensionanti di famiglie agiate; costruzione di piccole strutture a carattere utilitaristico e funzionale [AN_4_2_16].
La trasformazione del padiglione necroscopia (proposta del 24 luglio 1904) prevede nuovi e più idonei spazi da riservare al laboratorio di anatomia patologica, ottenuto ampliando e sopraelevando il piccolo obitorio esistente [AN_4_2_17]. Il nuovo padiglione per cronici e frenastenici (progetto del 16 maggio 1905) è un vasto edificio con pianta a forma di “E”, disposto in direzione est-ovest e collocato in corrispondenza dell’area dell’ex concia dei F.lli Fabbretti. Tali scelte progettuali consentono il corretto soleggiamento dei cortili e un giusto distacco dal padiglione dei pensionanti. Può ospitare 120 malati di ambo i sessi disposti in due distinte ali di due piani, tra loro divise dal corpo centrale dei magazzini generali [AN_4_2_16; AN_4_2_18].
Forte attenzione è poi data agli aspetti ambientali, col rimboschimento del perimetro dell’area e la piantumazione di alberi e aiuole all’interno delle corti incluse tra i padiglioni. Negli stessi anni l’organizzazione del manicomio è progressivamente plasmata dalla crescente influenza di Gustavo Modena che, assunto nel 1902 come responsabile dei Laboratori, nell’agosto del 1913 è scelto per sostituire Gaetano Riva alla direzione del manicomio. Il suo approccio rigorosamente scientifico alle malattie mentali, lo porta a investire nella ricerca, potenziando i laboratori, e a organizzare attività formative per tutto il personale. Nella sua attività sarà coadiuvato dalla moglie, la dottoressa Giulia Bonarelli.
Il 17 ottobre 1920 nel manicomio è inaugurata una nuova biblioteca, dedicata ad Augusto Tamburini. Il fervore dell’attività qui esercitata è reso valido dal Ministero della Sanità che, con una circolare del 1928, lo segnala quale struttura da prendere a modello.
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